SERENA
MIA, BRIAN BOSS, SPILLO E ROSJ DELLA SCIAMANA
La biblioteca del mio comune da la possibilità di leggere il Bresciaoggi gratis, ovviamente io ne approfitto con gioia, è un momento solo per me, scorrere telematicamente le pagine e sapere cosa succede attorno a me mi piace.
Guardo anche i necrologi, a volte ritrovo persone che avevo conosciuto, ormai ho un'età dove la morte non fa più notizia.
Anche ieri, mentre scorrevo quella pagina i miei occhi si sono fermati su una foto, non avevo ancora letto nulla ma quel viso...
Si era lei, Serena, mai nome fu così falso.
Serena era una mia collega in ospedale, non ci amavamo molto, e se vogliano non eravamo neppure amiche, colleghe e basta.
Lei era una che non passava inosservata, averla accanto a volte era imbarazzante.
Serena era sempre in guerra con il mondo, non deponeva mai le armi, armi taglienti, letali e proibite.
Per lei eravamo tutti pronti a farle imboscate, ti aggrediva ancora prima di salutarti, insomma, starle accanto non era facile.
Poi piano piano, standomene nel mio angolino e guardandola ho capito, ci sono persone che da quando sono nate devono contare solo su loro stesse, io lo so, sono una di loro.
Si cresce con una corazza spessa una vita, c'è chi si basta e va avanti cercando di migliorare e c'è chi da colpa al mondo intero e non perdona nulla.
Serena non perdonava nulla, ma non perdonava neppure a se stessa, a volte inveiva contro il cielo, contro un Dio in cui non credeva.
Aveva un marito, due figli, una famiglia con alti e bassi fino a che tutto le franò addosso.
Ricordo che era ricoverata lei, da paziente era ancora più esigente e la sua voce rimbalzava lungo il reparto.
Anche la notizia che arrivò rimbalzò per tutto l'ospedale, fummo tutti noi a saperlo prima di Serena.
Un ospedale è come un piccolo paese, si sa quasi tutto di tutti e tanti sono le famiglie che si formano tra i dipendenti, fummo noi a sapere che suo figlio di 21 anni era morto sul lavoro.
Il suo dramma divenne nostro, fiori, collette e abbracci furono protagonisti per settimane, quando Serena tornò al lavoro trovò solidarietà e tanta disponibilità.
Ma Serena tornò al lavoro ancora più arrabbiata di prima, ora aveva una ragione in più per essere così.
La spostarono, andò a lavorare sul territorio, anch'io uscii dall'ospedale, la incontravo solo quando andavo nel suo distretto per seguire degli ambulatori, sempre la solita, ti squadrava e poi arrivava una battuta al vetriolo.
Una mattina arrivò la richiesta di un medico per la una morte di un ragazzo trovato in un boschetto, due ore dopo la notizia che arrivò ci gelò tutti.
Era il secondo figlio di Serena, a distanza di nemmeno due anni dal fratello si era arreso alla vita.
Andammo in quella piccola cappella del cimitero, dentro di me tremavo, come avrebbe potuto ancora vivere Serena?
Lei era accanto a suo figlio, un bellissimo ragazzone, l'unica cosa che diceva era il suo perdono per lui, riusciva a giustificare il suo gesto solo che non si perdonava lei di non aver capito quanto gli mancasse il fratello.
Non ricordo se l'ho vista ancora, solo ieri il suo viso mi ha fatto ricordare tutto.
Ho guardato quel viso, invecchiato e stanco, anche le labbra sono piegate in giù come segno di sconfitta.
Ho letto che era vedova, penso che questo sia stato l'ultimo colpo per lei, una vita tutta in salita e basta.
Sempre coerente come lo era lei non avrà nessun rito religioso ma solo una benedizione e poi sarà cremata.
Ciao Serena, spero tanto che tu possa trovare tutta la pace e la serenità che non hai avuto in questa vita,
se esiste il Paradiso tu ci entrerai per diritto, chi più di te ha sofferto?