QUESTA SOPRA è JOLIE, la piccolina che vivrà con Donatella
Fu fantastica quella domenica mattina quando ci svegliammo e sentimmo un rumore strano fatto con la bocca; “ma cosa sarà mai?” domandai io a Ruben. Mi sollevai un attimo e ti vidi disteso sul letto tipo sfinge che stavi ciucciando un nastrino di raso che avevo utilizzato la sera prima per farti giocare.
L’hai tittato per diverso tempo quel nastrino, al punto tale che lo imbevevi tanto di saliva da inamidarlo e dovevo spesso sciacquarlo per rendertelo ancora appetitoso. Eri tenerissimo sai?! Avevo comprato un giocattolo fatto a calzino con un elastico e tutte le sere, prima di addormentarmi, lo lanciavo verso i piedi del letto scatenandoti in esercizi ginnici che nemmeno i più bravi campioni tipo Iuri Chechi erano in grado di imitare. Fantastico!
Ed ogni giorno che passava eravamo sempre più in simbiosi. Tu monello, eh sì, come tutti i cuccioli. Mi ricordo che all’epoca era Gaia che ci aiutava a mantenere la casa pulita, ti chiamava Charlino. Un giorno mi chiamò in ufficio annunciandomi che eri salito nella cameretta fino all’ultima scansia, dove tenevamo il profumatore d’ambiente e tutti gli amarai contenenti i nostri videogames per far cadere tutto. Nel profumatore c’era dell’olio profumato che è caduto su tastiera e stampante del computer (da buttare!) e sulla scrivania. Ancora c’è il segno indelebile dell’olio secco sul profilo del mobile.
Non ricordo altre marachelle particolari, se non che ti piaceva saltare sul mobile della cucina per arrivare al davanzale della finestra aperta sul balcone.
Io avevo avuto già con Chicco un’esperienza tremenda; una sera d’estate, avevo il balcone aperto perché tremendamente caldo e stavo all’interno o guardando la televisione oppure ero al telefono (non ricordo più bene, è passato tanto tempo). Ad un tratto sentii un rumore metallico del tutto nuovo, come un campanellino, che proprio non capivo. Sospettavo che Chicco fosse sul balcone ma mai avrei immaginato cosa i miei occhi videro in quel momento: il cucciolo attaccato solo con una zampina al di fuori della ringhiera, che cercava di agganciarsi anche con l'altra zampa. Noi abitiamo al 4° piano ma abbiamo la rampa dei garage ed è come se fosse un 5°. Con il cuore in gola mi precipitai verso di lui e lo raccolsi a piene mani portandomelo stretto al petto. La polpetta una volta rilasciato a terra mi guardò con aria di sfida e fece per saltare nuovamente sulla ringhiera. Ahhhhh, mi prese un colpo! Dopo una sonora sculacciata il Chicco non osò mai più fare un’azione del genere e mai saltò più sulla ringhiera. Ma l’ansia mi era ancora rimasta e sapendoti sul balcone dissi a Ruben: “è così esploratore che vedrai che prima o poi ce lo troviamo sulla ringhiera”. Non avevo ancora finito la frase, c’era ancora il fumetto che mi usciva dalla bocca che con l’angolo dell’occhio sinistro vidi che stavi passeggiando proprio sulla ringhiera. “Ruuuubennnn, aiuto, pensaci tu, io non posso vedere” e corsi in camera terrorizzata. Il tuo papà umano, con molto self control, venne a raccoglierti e ti fece la ramanzina, andando poi a bloccare l’accesso che ti aveva permesso di passare dal davanzale alla ringhiera.