TOKYO DE LA SCIAMANA
La gioia era tanta e la buttava tutta in una corsa sfrenata verso la casa che vedeva in lontananza.
Anche la salita era comparsa della sua risata e per un attimo non vide che se stesso come pura luce.
Finalmente era a casa, finalmente .. finalmente....
Finalmente avrebbe riabbracciato sua madre e anche Agnese e pure il suo cane.
Erano stati mesi e mesi bui, pieni di una tristezza che mai aveva conosciuto, anche con il pianto aveva fatto amicizia.
Luigi non si era mai allontanato molto dal paese, non aveva grandi aspettative, a lui bastava poco per vivere.
Ma quasi tutti se ne andavano, si parlava di lavoro facile, di mani bianche e non nere che nemmeno con il cloro si sbiancavano.
E nessun callo che tirava i fili del collat di Agnese ... sorrise al paragone e risentì il fremito della coscia di Agnese ancora tra le mani.
Agnese, quanto l'aveva supplicato, quanti pianti e discorsi strambi che le aveva propinato per farlo desistere dall'andare, anche ricatti aumentando ancor di più la sua voglia di provare che era lui l'uomo, che lei doveva solo stare zitta e aspettare.
Il buio scendeva in fretta come la sua voglia di arrivare.
Arrivò alla curva e si fermò di botto, la cascina era grande e divisa a metà da colori diversi, già, anche sul colore del muro ci si litigava le due famiglie.
La loro metà era gialla con le finestre illuminate come un benvenuto, l'altra metà, rossa, ma nessuna finestra era illuminata, solo un gran buio che faceva nascere mille domande.
Scheggia gli si buttò tra le gambe e quasi cadde, per un attimo la gioia di ritrovare il suo amico lo travolse, si buttò carponi e si lasciò baciare dal cane, lingua umida e rasposa che lo riportò al bambino che era stato.
Tutto quel baccano attirò sua madre sull'uscio che se ne stette lì, sorridendo e aspettando come faceva sempre.
Povera donna, suo padre era morto giovane e tutto era ricaduto su di lei, mandare avanti la cascina e tutto il resto non era stato facile e poi con un figlio....
Non si era più sposata, gli bastava Luigi, lei lo vedeva come se fosse un principe e ogni cosa che faceva o diceva era oro colato, anche l'andarsene via nonostante tutto il dolore che era nato lo aveva accettato come se fosse normale.
Certo ora, ritta contro la porta avrebbe voluto che il tempo si fermasse, come dirgli di Agnese?
Sicuramente Luigi non avrebbe capito il suo silenzio, il suo non scrivergli nulla di quello che era accaduto, si strinse più forti le mani nel grembiule e iniziò a pregare .
Alla fine Luigi entrò in casa e prese le cose alla lunga, anche la madre finse una serenità che non aveva e aspettò.
Domenica guardò suo figlio e come se avesse un rosario in mano iniziò a sgranare tutte le risposte alle sue domande.
Agnese non aveva voluto aspettare, era scappata via quando era morto suo padre, aveva colto l'occasione per trovarsi anche lei una vita nuova, non avrebbe passato una vita uguale a quella delle donne sempre ferme su se stesse.
Luigi si morse il labbro e ricordò le minacce e le suppliche di Agnese, chinò il capo sconfitto, l'aveva persa, anche il cercarla non avrebbe avuto senso, tutta la magia era ormai svanita.
Non era rimasto più nulla del delicato intreccio di sogni fatti sotto al chiarore della luna con carezze ruvide che strappavano i fili dei collant, ora ne era certo, più nulla sarebbe tornato indietro, più nulla....