Ci si usciva di senno con quel caldo, il corpo zuppo, i rivoli di sudore che scendevano lungo il corpo, Zita implorava al vento di arrivare.
Zita, piccola anima in balia dei sogni o se vogliamo della vita.
Zita che nessuno vedeva o che voleva vedere.
Zita la ragazza che parlava al nulla, agli spiriti.
Tutti pensavano che le mancava qualche venerdì, Zita era la favola del paese ma era anche la ragazza che tutti volevano assaggiare.
Zita sapeva di more e mirtilli, adorava andare nel bosco e truccarsi con quelle bacche così prepotenti, il suo sorriso era esagerato, la sua bocca era un invito continuo ad assaporare il miele che solo lei trovava nei piccoli favi nei prati.
Tutti la disprezzavano ma tutti la cercavano tra gli anfratti di un portone o ai piedi del larice rosso.
Anche il quel 25 luglio Zita si avviò lungo il sentiero che portava alla sua baita, c’erano le capre da mungere e da governare.
Il caldo saliva dall’erba e i grilli facevano un baccano folle, Zita si asciugò in malo modo il sudore che le colava sugli occhi, neppure il fazzolettone messo a banderuola fermava quel rivolo molesto che attirava i moschini.
Con rabbia si sventolò il davanti del viso e una coccinella le si intrappolò fra le dita.
Perse il ritmo del passo, si fermò, Zita amava gli animali, tutti, indistintamente, se trovava un ragno o una mosca in casa sua si sentiva in diritto di ammazzarli ma se erano fuori dalle sue mura sentiva che non ne aveva il diritto.
Fuori dalla sua casa era anche lei come loro una profuga e per questo come loro uguale.
Con delicatezza posò la coccinella su un ranuncolo e salutandola si avviò cercando di recuperare il ritmo del passo.
Arrivò alla baita, le capre le corsero incontro, Zita le chiamo per nome, una a una e come amiche di lunga data quelle le risposero.
Forse fu per il gran caldo o per la fretta che non colse il movimento lungo il muro che sconfinava nel bosco, forse pensava che gli spiriti la proteggevano sempre, chissà
Ma anche gli spiriti a volte si dimenticano delle anime più pure, forse pensano che sia proprio la purezza a salvarle e sbagliano alla grande….
Alla sera Zita non era ancora tornata a casa e sua madre iniziò a preoccuparsi, certo, sua figlia era strana, strana forte ma mai si era dimenticata del suo terrore nel non vederla arrivare, era bastata una volta, una volta sola.
L’unica volta che lei povera mamma aveva dovuto alzare le mani su Zita, da allora c’era una tacita promessa tra di loro.
Con il primo buio Zita doveva essere a casa, non importa se pioveva o se c’era il sole, se fosse inverno o primavera, al calar del buio Zita DOVEVA ESSERE A CASA.
Per cui il terrore si insinuò nel cuore di quella madre e nonostante le sue gambe malandate andò su verso il bosco sperando di incontrare quella figlia così strana.
Magari si era persa a parlare con gli alberi, pensava la madre, magari aveva trovato un cerchio di fate fatto con i funghi rossi e lei con la sua tenera mente non ne poteva uscire, magari.. e ancora magari e tanti se….
Arrivò ansimante alla baita e la paura prese posto al rado respiro che le usciva dalla bocca.
Le capre belando disperate, con le mammelle gonfie del latte non munto le corsero incontro, egoisticamente pensando solo a loro stesse, di Zita nessuna traccia.
Scansando il gregge la madre si fece coraggio e spinse la porta del fienile, l’oscurità era densa e mille ombre le vennero incontro.
Avanzò piano, sussurrando il nome della figlia, quasi con dolcezza… Zita…. Zita….. dove sei?.... Zita.-….
All’improvviso la vide, buttata come una cosa vecchia, una cosa che non serve più…
Distesa nel fieno in una posa sconcia, tutta aperta… gambe aperte, braccia spalancate e si, anche la bocca era aperta in un ultimo urlo di protesta.
Era chiaro che Zita non voleva, era chiaro che Zita si era difesa, le sue magre gambe erano segnate di percosse e anche le braccia erano macchiate di blu.
Un rivolo di sangue era sceso lungo il collo, sangue ora rappreso in una macchia scura che si perdeva nel fieno profumato.
La madre sapeva che Zita era morta, lo sapeva e basta, si raccolse il ventre in un abbraccio e iniziò una nenia fatta solo di suoni muti.
Le ritrovarono la sera dopo, Zita sempre più sprofondata ne fieno che ormai non odorava più e la madre impazzita dal troppo dolore.
Nessuno cercò l’assassino, poteva essere stato chiunque nel paese, Zita venne sepolta in fretta e la misera croce porta solo la data della sua morte e basta
25/7/1946